IMPALCATURA25 novembre ore 20:30
Due lavavetri sono sospesi a decine di metri di altezza. La loro vita è precaria come l'impalcatura su cui posano i piedi. Ingenui, fragili, quasi invisibili, spiano la vita di chi lavora dentro al grattacielo: sono impiegati, dirigenti e manager che sembrano muoversi in un acquario di certezze e beatitudini. Ma cosa offre il destino ai nostri due protagonisti? Il testo è di un autore brasiliano contemporaneo, ma nell'adattamento Italiano viene utilizzata la lingua parlata napoletana, che fa emergere il gioco di vitale umorismo che nonostante tutto, e forse inconsapevolmente, trasforma la difficoltà dell'esistenza in commedia umana. Fino al 2015 ho svolto il ruolo di Direttrice della CTDC, Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea, un sistema promosso da Roma Capitale . Abbiamo creato e coordinato progetti cittadini e nazionali, partendo da sei teatri romani, la maggior parte in periferia. Durante i tre anni di incarico mi sono impegnata nel proporre un teatro che non fosse mai tedioso o lontano dalla gente. Abbiamo dato vita a rassegne, programmazioni e laboratori stimolanti e vivaci. Il pubblico, i cittadini, noi tutti, orfani di spazi comuni, dove ridere, piangere, commuoverci e sorprenderci, abbiamo bisogno di ripensare al senso dello stare insieme, abbiamo bisogno di ridisegnare la nostra identità collettiva, riflettere sul senso di comunità. Ecco perché cerco sempre ( o scrivo ) in funzione di un teatro che unisca e non che divida. La separazione netta tra teatro di puro intrattenimento e teatro colto mi è sempre sembrata stupida, inutile. Per me c’è un solo teatro, quello fatto bene, quello che comunica, che sorprende, un teatro popolare d’arte, un teatro vivo, fatto di mille sfumature, di ombre e luci, di risate ed improvvise malinconie che ci ricordano chi siamo, che ci ricordano la nostra identità di essere umani molto imperfetti, fragili, goffi, mai del tutto buoni, mai del tutto cattivi. I nostri due eroi non sono particolarmente buoni o particolarmente cattivi, sono ingenui fino al paradosso, incolti e infelici quanto basta per renderceli comunque simpatici, anche se simpatici infondo non lo sono neanche poi tanto. Quello che ci diverte è il loro inutile eterno discutere, una competizione fatta di piccole ripicche, di stupide polemiche. E’ questo che li tiene in vita: parlare, stare insieme, avere un interesse comune.Dietro il sorriso che ci provocano cresce in noi un sentimento di empatia, riconosciamo le nostre ansie, i nostri rancori, le nostre umane miserie. L’idea che ha molto divertito e poi entusiasmato i nostri amici brasiliani è stata quella di tradurre il testo in Napoletano. La ragione di questa scelta è molto semplice: la traduzione del testo, in un italiano perfetto, non mi permetteva di mettere in scena due personaggi reali, diventava difficile renderli credibili, diventava impossibile farceli sentire vicini. Conosco un po’ il Brasile e la sua lingua, sicuramente il napoletano è il suono e il colore che più si avvicina a quel popolo. Ho chiesto aiuto a due bravissimi attori napoletani che già da alcuni anni lavorano con me in mille coraggiose imprese di scrittura scenica contemporanea, sempre alla ricerca di quella preziosa miscela che ci fa godere del tempo sospeso e prezioso che il teatro ci offre . Emanuela Giordano di Sergio Roveri con Giuseppe Gaudino e Vincenzo D’Amato Regia e adattamento per la scena italiana di Emanuela Giordano |